lunedì 12 dicembre 2011

Settis: dal paesaggio estetico al paesaggio etico

Sabato 10 dicembre 2011 a Troia, cittadina a pochi chilometri da Foggia nota per la sua cattedrale romanica, si è tenuto, nell’ambito del progetto Ecotium a cura del Distretto Culturale Daunia Vetus, un incontro col professor Salvatore Settis, personalità che non ha bisogno di troppe presentazioni.
Dopo i soliti interventi di apertura di autorità locali e organizzatori del convegno (molto interessante quello del rettore dell’università di Foggia, l’archeologo Giuliano Volpe) Salvatore Settis si alza in piedi, munito di qualche foglio con appunti, e comincia la sua conferenza.
In via preliminare, si può dire con certezza che lo stile oratorio del grande studioso è invidiabile: la mole di dati, fatti, considerazioni non annoia, non stanca; Settis riesce a mantenere desta l’attenzione di un pubblico eterogeneo, composto di tanti non addetti ai lavori.
E come potrebbe annoiare un discorso che spazia dalla politica attuale alla storia della legislazione artistica, e che chiama in causa il senso civico dei cittadini come un dovere inderogabile attraverso esempi tratti dalla quotidiana lotta per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale?
Ecco, è su questo nostro che Settis insiste: un nostro che chiama in causa ognuno di noi in quanto parte della collettività, in quanto agenti attivi della preservazione di un qualcosa di preziosissimo da difendere in nome della memoria del passato e dell’interesse delle generazioni future- non è dunque un caso che Settis abbia come punti di riferimento la gloriosa tradizione italiana della Tutela e la Costituzione del ’48 che di tale tradizione è per molti versi l’atto culminante.
E così lo studioso si rivolge alla Chiesa in quanto istituzione determinante del nostro Paese,
chiamandola alle proprie responsabilità, salutando con entusiasmo la rinnovata attenzione che gli esponenti del clero stanno riservando al patrimonio culturale, dopo i fasti settecenteschi entrati da tempo nella storia della Tutela del patrimonio culturale (Settis non può fare a meno di ricordare l’editto Pacca).
Il concetto di paesaggio è quindi concetto ampio che comprende la sfera laica come quella
religiosa, quella politica e sociale come quella etica (e qui i riferimenti a Croce e ai padri della Costituzione). Il paesaggio diventa specchio della società: i suoi mali attuali rendono manifesti i dissesti politici e sociali della nostra Italia appena uscita dall’era berlusconiana.
Il punto fondamentale del discorso di Settis, l’elemento da cui partire per rovesciare la tragica situazione odierna del patrimonio culturale (beni culturali + beni ambientali) prevede un rovesciamento a monte: dal paesaggio estetico –quello delle cartoline, dei bei dipinti, delle contemplazioni estatiche- si deve passare al paesaggio etico, quello che forma concretamente la persona, che è parte essenziale della sua stessa quotidianità; un paesaggio in cui agire attivamente in nome della sua tutela e della sua trasmissione alle future generazioni (che non sono quelle dei nostri figli e nipoti, aggiunge Settis, ma quelle che si affacceranno al mondo dal prossimo secolo).
L’evoluzione del concetto di paesaggio proposta da Settis diventa quindi una “chiamata alle armi”, esige una presa di coscienza dell’intellettuale (Zanzotto e Pasolini -di cui vengono proposte brevi ma illuminanti letture- tra gli altri) come del semplice cittadino: la de-esteticizzazione del paesaggio è atto di responsabilizzazione; esige la necessità, per lo storico dell’arte, di abbandonare gli atteggiamenti da dandy noncurante chiuso nella torre d’avorio del proprio sapere, e carica il cittadino di una responsabilità che nessun’altro (siano anche le istituzioni) può e deve assumersi al suo posto.
Il concetto di paesaggio etico che Settis propone segna, a mio avviso, una cesura importante nella storia della tutela del patrimonio culturale: sta a noi renderla fruttuosa.
 
 
di Mario Cobuzzi

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